Castello Visconteo: un tesoro da scoprire
Il Castello Visconteo di Pavia si trova nel cuore della città. Il complesso è costituito dal castello, dal giardino, dai resti del muro settentrionale di chiusura del castello, dai tre ponti di accesso, dal fossato e dal muro di cinta che lo contiene. Ha un impianto quadrato, con due torri d'angolo pure quadrate e suddivisione regolare dei corpi di fabbrica in campate quadrate.
La costruzione è in muratura di mattoni a vista; si eleva, nei bracci, su due piani fuori terra, un sottotetto e un piano interrato a livello del fossato, mentre le torri sud e ovest hanno quattro piani fuori terra e uno interrato. Gli accessi sono protetti da ponte, un tempo levatoio. La copertura è mista a due falde con struttura in cemento nei tre bracci verso l'esterno, a leggio con orditura in legno verso il cortile interno. Nelle due torri la copertura è a padiglione con capriate in legno e travi su muri. Il manto è in coppi di laterizio.
Il complesso fu concepito come dimora di caccia e di svago nel 1360, all'inizio della signoria di Galeazzo II Visconti, che pensò anche ad un collegamento con Milano attraverso un canale navigabile, quello che sarà più tardi il Naviglio. Non si sa chi fu esattamente l'ingegnere militare che assecondò il progetto di Galeazzo II di creare un grande palazzo, di 142 m. di lato e 4 torri angolari, in forma militare: vi era contenuto infatti accanto alla più grande biblioteca del tempo (circa 2000 incunaboli) e alle residenze signorili anche la più grande armeria del periodo. Beltrami agli inizi del '900 lo ascrive all'opera di Bernardo da Venezia. Fu ultimato alla fine del XIV sec., ma pesantemente danneggiato durante la battaglia di Pavia del 1525, combattuta nel parco retrostante, per l'egemonia sul ducato, tra Spagnoli e Francesi. Andò distrutta insieme alle due torri posteriori l'ala settentrionale, vera espressione del vivere cortese visconteo, con le sale affrescate dal Pisanello e con i finestroni sulla tenuta di caccia. Dal 1525 al 1921 fu adibito a caserma. Il restauro successivo ne alterò l'aspetto soprattutto nel cortile interno, poichè si modificarono le logge superiori con superfetazioni tratte da un falso modo di leggere l'antico e sull'esterno, con l'aggiunta di merli e beccatelli sugli spalti che avrebbero dovuto esaltarne il sapore medioevale. Oggi gli spazi interni ospitano i Musei Civici.
In un passo molto citato, Stefano Breventano (1570 ca.) riassume, due secoli dopo, con estrema chiarezza gli intenti di unitaria rimodellazione che animarono l'azione di Gian Galeazzo Visconti a Pavia: "E Giovan Galeazzo Visconte primo duca di Milano fu quello che fece fabbricare il castello di Pavia, il parco e la Certosa..., dicendo che voleva avere un palagio per sua abitazione, un giardino per suo diporto e una cappella per sua devozione". Sottomessa la città da Galeazzo II nel 1359, appena un anno dopo iniziano i lavori di costruzione del castello, in un'area a nord, in direzione di Milano, dove era già stata edificata una più antica rocca, distrutta da Luchino Visconti nel 1342. Architetto ne fu con tutta probabilità Bernardo da Venezia, autore di S. Maria del Carmine, che gli conferì una forma nitidamente stereometrica. La fabbrica procedette in modo spedito, anche grazie alle corvées cui furono costretti vari comuni (i piacentini scavarono il fossato; i novaresi fornirono gran parte delle maestranze), e si concluse nel 1366, quando Galeazzo II chiese a Mantova i pittori per decorarla (della decorazione a fresco restano purtroppo solo esilissime tracce). Assunse così quell'aspetto sontuoso - più di palazzo di città che di vero e proprio castello - che indusse Pier Candido Decembrio, umanista e segretario di Filippo Maria Visconti, a definirla una "dimora che non ha eguali in Italia", nella quale, accanto alle esigenze difensive, si sviluppavano interessi artistici e culturali come la formazione della celebre biblioteca (poi in parte confluita nella Bibliothèque Nationale di Parigi) e persino devozionali (reliquie). Nell'ala poi distrutta si trovavano affreschi del Pisanello (1439-40), che ritraevano diversi animali "fatti d'oro" (è sempre il Breventano - che li vide - a descriverli).
Alla dimora si collegò il vasto parco, interamente recintato, che inglobò l'antica strada romana per Milano, ormai caduta in disuso, e un tratto della roggia Vernavola, destinato al diporto del duca e soprattutto alla caccia. A tal fine furono intensificate le aree boschive e venne costruito un piccolo padiglione, il Mirabello, ancora in parte conservato, dove risiedeva il capitano del parco. La fauna era ricchissima e variata (stando alle stime di età sforzesca vi erano 5.000 caprioli). Furono comunque conservate le attività agricole precedenti, insieme alle abitazioni dei contadini. Le definizioni attestate nei più antichi documenti di "parchetto", "parco vecchio" e "parco nuovo" consentono di ipotizzare una progressiva crescita dall'età di Galeazzo II alla fine del XIV secolo, quando Gian Galeazzo chiamò la comunità certosina di Siena a fondare, all'estremità nordoccidentale del "parco nuovo," la chiesa destinata a diventare il nuovo pantheon dinastico, dopo il duomo di Monza e quello di Milano (la prima pietra venne posta il 27 agosto 1396).
Non è richiesta prenotazione
COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?
L'apertura nelle Giornate FAI prevede la visita del cortile esterno, di quello interno, del fossato, del loggiato. La vera "chicca" di questa apertura sarà la possibilità di salire sul torrione, dal quale sarà possibile avere una bellissima veduta panoramica della città.
Note per la visita
ATTENZIONE: la salita al torrione sar à accessibile a persone di et à superiore di 14 anni. Sul torrione possono salire 10 persone alla volte.
Gruppo Giovani
Visite a cura diVolontari Gruppo FAI Giovani Pavia
In caso di particolare affluenza l'ingresso al luogo potrebbe non essere garantito.