La taverna del Diavolo
Matilde Facheris, Alberto Salvi e Gino Zambelli portano in scena la storia dell’anarchico bergamasco Simone Pianetti. Una storia delle nostre valli, una storia di anarchia, di soprusi e di ribellione.
Il 14 luglio 1914 Simone Pianetti, un omone delle valli bergamasche, tornato dall'America senza aver fatto fortuna, uccise sette compaesani, parroco compreso.
Era un anarchico il Pianetti. E non poteva sopportare che ancora una volta i soliti benpensanti gli rovinassero la vita bollandolo per quello che per tutti loro, all'epoca, voleva dire anarchico: sovversivo, senza Dio, senza famiglia, senza controllo. Ma chi era veramente Simone Pianetti? Un arrogante, un demonio, uno che scappa di casa. Uno sconfitto. Uno di quelli arrivati in terza classe a New York, che a Pittsburgh aveva già capito che nei quartieri italiani comandava la mafia, che i compaesani più o meno benestanti spesso erano più carogne degli americani.
Poi incontra Gaetano Bresci, si innamora di una bella americana attivista, le uniche parole che lo consolano sono quelle di Malatesta o di Bakunin, il suo odio cresce e trova un pensiero, arrivando a concepire una libertà totale da tutto e da tutti che immancabilmente non arriva. Torna in Italia, si sistema, mette su un locale dove si balla e si attira l'odio del parroco e dei benpensanti. Mette su un mulino e si sente accusare di avvelenare la farina. Allora scatta un giorno di ordinaria follia e, come si dice ancora da quelle parti, "fa come il Pianetti".