Mitteleuropa fin de siècle
Apre il pomeriggio la Suite ceca op. 39 di Antonín Dvořák, che esplicita fin dal titolo le intenzioni di trasferire in musica le proprie radici nazionali, nell’intento, come indica l’originario titolo di Serenata, di rinnovare la forma settecentesca che Mozart aveva più volte e magistralmente trattato. Nei cinque movimenti della partitura emergono spesso i ritmi delle danze boeme.
Seguono tre Lieder dai Canti dei bambini morti di Gustav Mahler, punto d’approdo di un discorso affrontato sin dagli esordi della propria attività, che descrive un’umanità che sconta un destino di infelicità irredimibile, acuito dalla sensazione, provata sulla propria pelle dall’autore, di non poter mai togliersi il marchio di un’estraneità di fondo.
Con Richard Strauss le atmosfere sono decisamente meno cupe, anche se la definizione di Lied sta forse un po’ stretta a pagine come Zueignung (Dedica), Morgen! (Domani!) e Das Rosenband (Il laccio di rose) che trovano la loro giusta dimensione con l’accompagnamento orchestrale, più che nelle versioni pianistiche, che rimandano a un suono e un colore a cui la tastiera non sempre riesce pienamente ad alludere.
Infine, l’intero ciclo dei Canti di un compagno di viaggio di Mahler, un viaggio primaverile che allude palesemente a quello invernale cantato da Schubert, con descrizioni di natura festosa e fiorente che lacerano ancor più il cuore dell’innamorato respinto, sia dall’amata che dalla propria patria.
Le esecuzioni impegnano 2 voci soliste, 14 strumentisti e direttore.